Tipi da Facebook, attenti ai malati di “selfite”

MIMI

Viviamo in un’epoca in cui chiediamo sempre più privacy però abbiamo sempre pronto il telefonino con la camera attivata. Ci danno fastidio le telecamere che installano i comuni, però fotografiamo tutto, quando andate in bagno (io non lo faccio per fortuna), quando mangiate, quando bevete, fotografate lo schianto dell’auto mentre avviene, insomma c’è una nuova malattia, la seflite, un neologismo di un’antipatia unica, ma è cosi.

Ricordo da bimbo quando le foto erano sacre, andavano fatte bene, magari da Pilone, sulla sedia marrone con i braccioli di ferro, le pose erano serie, altro che bocca a culo di gallina, la prima cosa che dovevi fare, salita la scalinata di Pilone era pettinarti e metterti la giacca, non la tenevi? Te la dava lui, e quella foto restava incorniciata per anni. Poi arrivarono le macchine fotografiche con i rullini, ed era un altro casino, dovevi farle bene, se le facevi mosse avevi sprecato una foto, dovevi fotografare cose essenziali, cose che dovevano rimanere impresse nella pellicola, altro che bagno, o piatto di spaghetti allo scoglio e bicchiere di pecorino bianco, il rullino costava e lo sviluppo lo pagavi, altro che chiacchiere. Oggi invece è tutto più, come dire, indefinito, si fotografa come viene, tanto se non va bene cancelli, fotografi tutto quello che vedi, che poi parliamoci chiaro, quanti di voi stampano e conservano le foto in quegli albumini di plastica con la copertina colorata e i fogli trasparenti? Nessuno vero? Ecco, oggi abbiamo non solo il problema della sovra esposizione fotografica, abbiamo il problema dei malati di “selfite” quelli che incontri e a bruciapelo ti dicono “dai facciamo un seflie per fb”, oppure li incontri a qualche matrimonio (per fortuna non ho nemmeno questo problema) e per forza devono farsi la foto insieme a te per poi pubblicarla sui social, vuoi o non vuoi devi fartela. Cosi capita, scorrendo i social di vedere foto in cui il soggetto proponente e bello contento e sorridente e il malcapitato, o i malcapitati ( essì mica si accontentano di uno solo, se c’è l’intera famiglia devono starci tutti) con facce truci come a dire ( ma tu guarda che rottura di zebedei). Se ne vedono a migliaia, bimbi fotografati per forza, nonne e nonni che manco sanno che stanno facendo. Insomma sta diventando un problema, solo che ad accorgersene è chi lo subisce il selfie non chi lo fa, e questo sinceramente fa girare le eliche e non poco.