Edmond Dantes
Il 27 giugno 1924, subito dopo il delitto Matteotti, i parlamentari dell’opposizione al governo fascista (guidati da G. Amendola) decisero di non partecipare più ai lavori del parlamento finché un nuovo governo non avesse ristabilito le libertà democratiche. La secessione che fu messa in atto rappresentò il massimo momento di protesta non violenta alla deriva antidemocratica che si andava consolidando in Italia. Tale azione è diventata nota come “salire all’Aventino”, dal nome del Colle dove i plebei si ritiravano nei periodi di contrasto con i patrizi nell’Antica Roma. Abbiamo deciso di ricordare nell’articolo uno degli episodi più bui della politica del ventennio fascista, anche a rischio di far apparire irriverente nominare Matteotti in una vicenda come questa che siamo costretti a ripetere da ormai 36 giorni. Lo abbiamo fatto per ricordare al Presidente del Consiglio Comunale di Larino – Prof. Antonio Vesce – che sarebbe opportuno convocare il Consiglio Comunale per discutere la mozione di sfiducia avanzata dalla minoranza nei confronti dell’Assessore Alice Vitiello, per le note vicende legate alla gestione dei fondi del terremoto del 2018. Così, ricordando la storia che sicuramente il Preside conosce, ma potrebbe aver distrattamente accantonato per via degli impegni istituzionali e scolastici, abbiamo prefigurato una delle ipotesi sul come potrebbe andare a finire la diatriba Consiglio si – Consiglio no, con la minoranza “sull’Aventino” ed i Consigli Comunali con la sola maggioranza in Aula.
Approfittiamo per rammentare che quando si assume un ruolo istituzionale bisogna rappresentarlo in maniera degna: sembra invece che a Larino si stia facendo di tutto perché la democrazia venga calpestata, dimenticata ed offesa. Come se qualcuno dovesse coprire persone, oppure fatti che in occasione del Consiglio Comunale potrebbero essere portati a conoscenza della popolazione. Sinceramente non capiamo il motivo di tanta sottomissione a chi in realtà del Consiglio Comunale e dei cittadini se ne è importato ben poco. E non riusciamo neanche a renderci conto, a questo punto, dell’accondiscendenza della politica nostrana. Il Presidente del Consiglio Comunale ricopre un ruolo eccezionale, di garante dei cittadini e di maggioranza e minoranza che siedono nella massima Assise Pubblica, non può essere ostaggio di poteri estranei alla politica seria e rappresentativa del vivere comune, ed invece a Larino si barcamena nel sostenere una situazione che ormai tutti hanno compreso nella valenza negativa. Adesso è rimasto soltanto da capire il perché: se si tratta di umana pietà, di evidente “non voler vedere” (per usare un termine educato) oppure per altro, che sinceramente non vogliamo neanche pensare….. Buon lavoro Presidente, e non deluda i 361 elettori che hanno avuto fiducia in Lei.