Michele Mignogna
In un momento imprecisato del 2019 si è verificato un evento biologico di eccezionale rarità: un virus animale ha fatto un salto di specie arrivando nell’uomo. Dalla metropoli cinese di Wuhan, il SARS-CoV-2 si è diffuso rapidamente in oltre duecento paesi. È ciò che gli esperti chiamano «pandemia». Nell’attesa di soluzioni e strategie per la crisi sanitaria, economica e finanziaria in corso, Ilaria Capua, una delle voci più autorevoli della virologia internazionale, prova a buttare cuore e sguardo oltre questo tempo di mezzo e a mettere a fuoco sia le cause sia le opportunità che esso nasconde.
Secondo l’autrice, infatti, si può considerare la comparsa del SARS-CoV-2 uno stress test, in grado di misurare le fragilità del nostro sistema. Questo patogeno dalle dimensioni infinitesimali ha messo l’umanità intera di fronte al disequilibrio creato nel rapporto con la natura, alla riscoperta della propria dimensione terrena e della caducità che le è connaturata, all’arbitrarietà dell’organizzazione sociale che si è data, delle sue scale di valori, del concetto stesso di salute pubblica. In altre parole, ha preso tutto ciò che ritenevamo certo, indiscutibile, e ce l’ha mostrato per quello che è: una scelta, basata su una visione parziale delle cose.
Uno dei motti di Ilaria Capua è: «Every cloud has a silver lining», ogni nuvola ha una cornice d’argento. Se è vero anche una pandemia, mentre ci scuote dalle radici, ha qualcosa da insegnarci. Per esempio, che dobbiamo modificare il nostro atteggiamento nei confronti della natura e della biodiversità, ponendoci come guardiani anziché invasori. Che la tecnologia, se riusciamo a non esserne schiavi, può essere lo strumento straordinario che ci permette di difendere la socialità anche in tempi di distanziamento fisico. Che, se vogliamo una società informata, matura, la scienza non può essere messa all’angolo, ma deve tornare ad avere un ruolo centrale nella conoscenza.
Se non vogliamo farci travolgere, insomma, dobbiamo considerare i segnali che questo evento storico sta facendo emergere, riflettere sul dopo e ripensare il mondo. Perché è a questo che stiamo andando incontro: a un mondo nuovo.
“Tornando al nostro SARS-CoV-2 – scrive Capua – l’uomo ha organizzato un appuntamento al buio tra un pipistrello asiatico e, si suppone, un pangolino (piazzandoli verosimilmente nella stessa gabbia o in gabbie accanto). Il pipistrello, però, non era venuto da solo, ma con un coronavirus e tanti altri microscopici amici. Il caso ha voluto che anche il pangolino (o chi per lui) si fosse fatto accompagnare da un coronavirus. Questi due si sono invaghiti, si sono baciati, si sono ricombinati, ed ecco una nuova, pericolosissima creatura che, per quanto oggi è dato sapere, ha in comune il 96 per cento dell’RNA con un coronavirus del pipistrello e il 90,3 per cento con un coronavirus del pangolino.
L’appuntamento al buio può essere avvenuto anche nella foresta, il che non rende però meno grave l’idea di organizzarlo.
Ovunque si sia generato, il virus è emerso in un mercato di Wuhan: una rampa di lancio perfetta per una pandemia, perché Wuhan è una metropoli dove il mondo si incontra per fare affari, dove vivono centinaia di migliaia di studenti, dove passano migliaia di turisti, dove atterrano centinaia di aerei, ma anche un luogo dove le fasce deboli della popolazione vivono in condizioni di povertà e, culturalmente, tendono a rivolgersi alla medicina tradizionale, non al sistema sanitario nazionale.
Siamo così abituati a spostarci da Roma a Milano in poco più di due ore, da Parigi a New York in sette ore, a premere un tasto e parlare in diretta con qualcuno dall’altra parte del mondo senza l’ombra di un rallentamento, che non ci rendiamo più conto di quanto tutto questo sia artificioso. Questa velocità folle è fantastica: anche a me piace impiegare poco tempo per raggiungere le mie mete, e perdo la pazienza se la connessione Internet rallenta. Ma non è compatibile con la biologia del sistema sottostante: il sistema Terra. Il pianeta procede con una velocità che gli è propria e che non è modificabile”.
Le pandemie sono eventi catastrofici, ma sono anche degli aggiustatori, dei rimodellatori sociali: obliterando il passato, offrono lo spazio e la flessibilità per far entrare il nuovo.
sarà utile sviluppare programmi e strumenti di tecnologia casalinga che permettano a chi dovrà passare lunghi periodi in casa di mantenere la propria vita sociale e intellettuale. Penso a una tecnologia specifica, perché non possiamo pretendere che persone spesso oltre i settant’anni, che hanno magari difficoltà a spedire un messaggio con il cellulare, imparino in quattro e quattr’otto a utilizzare un pc di ultima generazione.
Ilaria Capua è medico veterinario di formazione. Per oltre trent’anni ha diretto gruppi di ricerca in laboratori italiani ed esteri, nel campo delle malattie trasmissibili dagli animali all’uomo e del loro potenziale epidemico. Nel 2008 la rivista «Seed» l’ha inserita fra le «Menti Rivoluzionarie» per aver promosso la condivisione dei dati sui virus in uenzali su piattaforme open access. Nel 2013 è stata eletta alla Camera dei Deputati, dove ha rivestito il ruolo di vicepresidente della Commissione Scienza, Cultura e Istruzione. Durante il suo mandato è stata travolta da un’indagine giudiziaria rivelatasi infondata. Dopo essere stata prosciolta si è dimessa da parlamentare e si è trasferita negli Stati Uniti con la sua famiglia. Oggi dirige il Centro di Eccellenza One Health dell’Università della Florida.
Ilaria Capua “il Dopo” Mondadori